(Segue da… Parte 1)
Il paddock era gremito di gente nonostante fosse molto presto. C’era parecchio fermento tra gli addetti ai lavori: alcuni erano in fila davanti al camion del servizio gomme per farsi montare gli pneumatici sul cerchio, altri stavano appresso alla moto del proprio o dei propri piloti, altri ancora apparentemente in giro a zonzo invece erano intenti a curiosare, a studiare, a sorvegliare le squadre avversarie per carpirne e vagliarne le mosse. Tra non molto sarebbe scattato il warm-up, la prova pre-gara di mezz’ora che avrebbe consentito a tutti di affinare gli ultimi accorgimenti.
Alla Akira’s Drake Racing Team, squadra corse per cui gareggiava Arturo Coimbra, c’era agitazione sebbene tutti cercassero di palesare calma difatti quando il pilota entrò nel box salutando i ragazzi del team avvertì una cortina di preoccupazione. Il primo a farglisi incontro fu il Direttore Sportivo Michele Masi che gli domandò come avesse trascorso la notte, come stesse ora, quali fossero le sue sensazioni. Coimbra rispose mostrando lo stesso atteggiamento visto nelle ultime edizioni e facendo la medesima affermazione: “tutto ok”.
Il DS palesò una smorfia indecifrabile.
“Posso parlarti in modo schietto?” domandò Masi al ragazzo tirandolo in disparte.
Arturo non era uno stupido: già sapeva cosa gli avrebbe detto siccome nelle ultime gare non aveva raccolto risultati positivi, non come ci si aspettasse.
“Tu sei il miglior pilota che mi sia mai capitato tra le mani, e non lo sto dicendo per adularti o caricarti ma è la pura e semplice verità. Puoi chiedere a chiunque.” gli suggerì indicando i meccanici indaffarati sulla sua moto e su quella del compagno di squadra “Ad inizio stagione eri uno schiacciasassi e non c’era storia per nessuno: fortissimo nella bagarre vincendo poi per distacco ed umiliando gli avversari ma, ultimamente, sembra che sulla moto ci vada qualcun altro. Mi spiego meglio: le tue partenze sono come sempre fulminee ma adesso, se subisci un sorpasso, non rispondi agli attacchi ma ne risenti visibilmente e il tuo stile cambia come se di colpo disimparassi a guidare la moto.”
Il DS Masi lo guardò intensamente negli occhi aspettandosi una risposta: era vecchio del mestiere, sapeva perfettamente quanto fosse importante la mente di un pilota e stava cercando di capire se le deludenti prestazioni di Coimbra fossero dovute all’ansia da prestazione, alla paura dell’avvicinarsi di un obiettivo importante come il titolo europeo di categoria, oppure ad un avversario in particolare.
“Oggi non accadrà Michele, te lo garantisco.” affermò il giovane con estrema determinazione ed in perfetto italiano.
“Va bene, dimostracelo.” rispose l’uomo registrando l’atteggiamento risoluto del suo pilota “Ora vai a prepararti che tra poco iniziano le danze.”
Il semirimorchio della squadra era parcheggiato dietro al box. Arturo salì la scaletta entrandovi, iniziando la vestizione come fosse un rito. Tempo dopo uscì dalla porta con indosso la tuta blu-rossa-bianca, colori che ricalcavano la stupenda livrea della sua moto. S’era già infilato il casco madreperla ed aveva abbassato la visiera celeste specchiata, sintomo di una necessità ad isolarsi ed evitare così le domande inopportune di alcuni giornalisti acquattatisi all’ingresso posteriore del suo box: il giovane liquidò le loro insistenze con un gesto della mano e una volta al sicuro all’interno della struttura riaprì il casco, poi si sedette sulla sua sedia iniziando a parlare col tecnico delle sospensioni.
“Adesso è più fresco ma oggi pomeriggio farà caldo come durante le qualifiche” attestò Rosolino Marrone soprannominato simpaticamente Ross Brown “…per noi però non rappresenterà di certo un problema visti i risultati di ieri.” dandogli una fiduciosa pacca di incoraggiamento. Michele Masi, con le cuffie in testa, era al loro fianco ed annuì strizzando l’occhio. Uscirono tutti e tre sulla pit-line dov’era stata portata la moto al che Arturo abbassò velocemente la visiera, chiudendola, mettendosi a braccia conserte a fianco del suo mezzo: sembrava stesse osservando il tecnico delle gomme mentre dava un ultimo controllo alla pressione invece aveva scorto la sua rivale: Campredelli stava seduta su uno degli sgabelli della propria squadra posti al “muretto” bordo pista. Aveva i lunghi capelli castani ancora sciolti e indosso una bianca tuta da gara con lo sponsor rosso sul petto: pareva stesse guardando proprio lui. Arturo sentì scuotersi l’agitazione sul fondo dell’animo ma s’impegnò per contenerla e rimanere immobile, forte della privacy garantitagli dalla visiera del suo elmetto. D’altronde sapeva che questo momento sarebbe giunto sebbene si prodigò per rinviarlo il più possibile. Il giovane si concentrò sul respiro che dentro al casco risultò amplificato riuscendo a calmierare anche il senso d’ansia trasmettendo così a chiunque lo stesse guardando l’imperturbabilità di un automa. Ad un tratto però avvertì un forte scossone perché intravide Natalia salutarlo agitando la manina sorridendogli maliziosamente: lui la vedeva perfettamente ma finse di star guardando altrove, appunto al suo tecnico delle gomme. Finse estrema concentrazione e non le rispose. In quel frangente accorse in suo aiuto il rombo del motore: il suo mezzo era stato acceso, al che salì in sella rapidamente. Michele Masi gli urlò l’ultima raccomandazione: forse quella di aspettare qui all’ombra perché non era ancora possibile accedere in pista dato che mancavano tre minuti circa all’inizio ufficiale del warm-up. Coimbra fece un cenno col casco sebbene non avesse capito una parola: desiderava solo andarsene, scomparire da lì. Dato un colpo di gas fuggì da quella situazione scomoda andando ad appostarsi al limite della pit-line, adiacente alla linea, a fianco del semaforo rosso attendendo che passassero tre minuti interminabili sotto un sole cocente.
(Continua in… Parte 3)